Tenebre e luce: il fiore dell’illuminazione

  lotus flower
Dopo un lungo periodo di silenzio – tanti impegni, troppe curiosità, spostamenti e vita movimentata – ritorno alle silenziosa solidità dei vecchi amori e mi accorgo che negli ultimi tempi sto ponendo l’attenzione sulla luce, sul sole, in fondo su ciò che alimenta e sostiene la nostra vita.
Proseguo su questa scia positiva, sperando che mi accompagni nei mesi futuri, soprattutto in quelli invernali, per dedicarmi al fiore che più di tutti, ormai anche in occidente, simboleggia l’illuminazione spirituale: il loto.
E qui tocca subito dire che il loto e la ninfea, benché presentino una certa rassomiglianza, non appartengono alla stessa famiglia botanica. Anzi, stando alle più recenti ricerche, il loto per eccellenza, il Nelumbo nucifera, il sacro loto, ha i parenti viventi più stretti nei platani e nelle proteacee! Platani e nelumbi sarebbero poi anche veri e propri fossili viventi.
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Quello conosciuto nell’antichità mediterranea e sopratutto nel Vicino Oriente, noto come loto egiziano, è la Nymphaea (lotus e caerulea), presente sullo scettro di Iside e sulle gigantesche colonne dei templi faraonici. Apre i suoi fiori al mattino, chiudendoli al tramonto, seguendo il ciclo solare: pianta di grandissima importanza nella mitologia e nella cosmogonia del paese del Nilo.
Probabilmente gli egiziani usavano la Nymphaea caerulea in cerimonie sacre, avendo questa proprietà emetiche, e quindi purificatrici, ma forse anche a scopi terapeutici, essendo dotata anche di proprietà vasodilatatorie (apomorfina). Oggi c’è chi sostiene che i lotofagi cantati da Omero possano essere stati veramente consumatori di loto egiziano.
In India, il fiore è uno degli emblemi nazionali, e, secondo la tradizione induista, è il simbolo della prima manifestazione dell’Essere supremo: il loto cosmico, dai mille petali d’oro, che generò Brahma, il creatore demiurgo. Tuttavia il loto assunse anche le sembianze di una divinità femminile, Shri o Lakhsmi, assimilabile per caratteristiche ad Ishtar, Afrodite e Hathor, a loro volta collegate alla Grande Madre (Cibele).
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Ma la Grande Madre non solo dona la vita, ma la toglie. E quindi troviamo il loto anche tra le mani della dea Kali, «colei che divora», insieme alla spada, simbolo della distruzione fisica e della risolutezza spirituale, con cui si recidono gli errori e l’gnoranza, lacerando il velo della coscienza individuale.

Finalmente, dopo essere passati con molta leggerezza su molte religioni, arriviamo al buddismo: qui il loto è simbolo dell’illuminazione e la dea Prajnaparamita, regina del regno spirituale, il cui attributo è la saggezza,  siede sul loto.  Alla sua sinistra un altro loto sostiene un manoscritto, manifestazione letteraria della saggezza trascendente.

Il loto del mondo sostiene il simbolo dell’illuminazione che disperde le tenebre dell’ingenua ignoranza inerente a tutti gli esseri umani. Il simbolo del loto, che originariamente aveva generato esseri ed esistenze in una successione senza fine, ora porta la saggezza possente del Nirvana: la Parola che pone fine ad ogni esistenza individuale in cielo e in terra.

Gli otto petali rappresentano gli otto punti del nobile ottuplice sentiero, ed ogni colore è collegato ad un aspetto o divinità: il rosso ad esempio simboleggia la Compassione infinita del Buddha, mentre il bianco costituisce la negazione di ogni colore, quindi l’illuminazione e la purezza.lotus flower
Nello yoga kundalini vengono descritte le tappe per giungere al nirvana, grazie al risveglio dell’energia dei punti vitali: i chakra sono rappresentati con fiori di loto di diversi colori (rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e viola).
In Italia, è possibile apprezzare la fioritura del loto – che è una pianta infestante e va tenuta sotto controllo – nei laghi di Mantova. Nel 2014, percorrendo la Ciclovia del Sole, tra forti austriaci e campi di battaglia (Rivoli, Goito, Solferino, etc.), con qualche imprecazione sulla salita per scavalcare le colline che portano al Garda – la cui visione ripaga qualsiasi bicicletta spinta a mano! – da Peschiera raggiunsi Mantova, lungo il Mincio. 50 km sotto una pioggia battente, a tratti un po’ violenta: queste le foto dell’arrivo e della successiva gita al tramonto, con il sole!, sul lago in mezzo ai loti.

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E….se siete arrivati fin qui, avrete notato (o noterete risalendo su) che il loto giallo è vicino al loto rosso!